Come finisce la seconda guerra mondiale a Fiume? Quante vittime ci sono l’ultimo giorno prima dell’armistizio? Proponiamo in lettura un originale contributo scritto di Rodolfo Decleva, da lui intitolato: 2 – 3 maggio 1945. L’occupazione jugoslava di Fiume. Testimonianza depositata in data 01 Ottobre 2020 presso la Società di Studi Fiumani in Roma, Via A. Cippico 10. La redazione del blog presente ringrazia vivamente l’Autore per la cortese concessione alla pubblicazione. Allo stesso tempo ci permettiamo di aggiungere qualche frase di contesto degli ultimi giorni di una città italiana bombardata dall’aviazione angloamericana, dall’artiglieria titina e minata nel porto dai nazisti , dove non c’è più cibo, né collegamenti ferroviari, postali o d’altro genere.
Ecco le parole dal Diario dell’ingegnere Carlo Alessandro Conighi “3.V [1945] Giornate grandemente burrascose. La città / è stata giorno e notte continuamente intronata [meglio: rintronata] / di poderosi scoppi di mine, di cannonate. Parecchie / granate caddero in città e alcune fecero vittime. / Di faccia a casa nostra dalla parte del cortile fu colpita / una testa di camino. Di tutto ciò non si conosce la / provenienza [neanche si immaginavano certi fiumani che i partigiani di Tito sparassero da Tersatto coi cannoni sulla città, come riportato nelle interviste sull’esodo da Fiume curate dallo scrivente in altri articoli, NdR] e chi siano realmente i combattenti. / Pare che durante la scorsa notte tutti i tedeschi se ne sieno andati. Noi di famiglia stiamo tutti / bene, tranne Amalia molto debole. Io personalmente sono stato e sono perfettamente / tranquillo. Divenni fatalista, quasi indifferente a tutto, / né mi lascio impressionare, lasciando correre e / dicendomi: sarà quel che sarà. Pensiamo sempre ai / lontani, incerti di quando e di come ne avremo notizie…” (Collezione famiglia Conighi, esule da Fiume a Udine). Autore del diario è l’ingegnere Carlo Alessandro Conighi, nato a Trieste il 26 febbraio 1853, costruttore di Fiume e Abbazia, morto esule a Udine il 5 agosto 1950.
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Così ha scritto Rodolfo Decleva nel 2020. “In questi giorni [settembre 2020, NdR] sono avvenute a Fiume-Rijeka delle manifestazioni contrarie alla iniziativa presa dall’Amministrazione cittadina di installare in cima al Grattacielo della ex Piazza Regina Elena una grande Stella Rossa formata da 2800 pezzi di vetro di colore rosso rappresentanti 2.800 Caduti Partigiani nella Battaglia per la Liberazione di Fiume. Io sottoscritto Dr. Rodolfo DECLEVA nato a Fiume l’8 Gennaio 1929, residente in quell’epoca a Fiume, in Calle del Barbacane 19, rendo la seguente testimonianza resa ‘Pour servir et valoir ce que de droit’. – – –
Dal 15 aprile al 3 maggio 1945 – Dalla metà di Aprile, ai bombardamenti aerei su Fiume si erano aggiunti lanci isolati di schrapnell [proiettile cavo, riempito di sfere di piombo, o di acciaio, e munito di una carica di scoppio collegata ad una spoletta a tempo] da parte dei Partigiani sulla nostra città che provenivano dalle alture di Tersatto. Perciò la gente si era portata i materassi nel rifugio antiaereo di Via Roma a 120 metri dal confine con Sussak e la Fiumera e vi dormiva. La nostra famiglia continuò a dormire in casa essendo distanti dal rifugio solo un quarantina di passi. Di giorno la vita in città – occupata da tedeschi e repubblichini – era normale.
Ancora in Aprile io prendevo regolarmente il treno alle ore 7 del mattino per andare al Lager di Mattuglie per firmare la presenza e poi recarmi a piedi a Giordani dove – essendo state chiuse le scuole – ero stato precettato dalla Organizzazione TODT per la costruzione di Bunker sotto la direzione di un militare Gruppfuehrer austriaco. Nella mia squadra di 10 elementi faceva parte anche il signor Stabellini, Bidello della Scuola di Avviamento Commerciale. Rientravamo a Fiume con il treno delle ore 17.
Una settimana prima della fine del mese di Aprile, i tedeschi mi ordinarono di recarmi a lavorare ai Bunker a Santa Caterina, sulle alture sopra Fiume dove erano posizionate le difese italo-tedesche che rispondevano alle provocazioni partigiane che ho descritto sopra, dove già lavorava il mio amico Massimo Gustincich. I schrapnel continuavano a cadere ma ogni tanto uno e non a pioggia, e l’impressione era che si fosse ormai giunti alla fine. Perciò mio padre non mi lasciò andare al lavoro e quindi non feci nemmeno una giornata di lavoro a Santa Caterina. Per paura che i tedeschi mi venissero a cercare, mi fece vivere e dormire nella nostra cantina (fondo) alla quale si entrava dalla Calle dei Facchini n. 9.
Fu proprio in quei giorni – una settimana prima della fine – che i tedeschi fecero brillare le mine che avevano predisposto nei Moli e nella Diga per la distruzione del bacino portuale che richiese 4-5 giornate. Inspiegabilmente i Partigiani di Sussak restarono insensibili a tanto sfacelo senza intervenire.
Affermo che in città non c’era panico. Alle 7,30 del giorno 3 Maggio 1945 venni svegliato da una vicina – la Signora Giuditta Barbalich, la cui famiglia aderiva al movimento partigiano – abitante in Calle del Barbacane n. 23, ultima casa di questa Calle prima della Via Roma – che gridò: “Siamo liberi! I tedeschi sono andati via.”
Così è finita la guerra a Fiume con i Partigiani fermi e passivi a Sussak. Va dato atto all’Esercito jugoslavo, nato dalla lotta partigiana iniziata sin dal 1941, di aver sconfitto gli Eserciti italiano e tedesco da Belgrado a Trieste. Su «La Vedetta d’Italia», quotidiano di Fiume, seguivamo attraverso le poche righe riservate alle brutte notizie della guerra le battaglie ed i ripiegamenti delle nostre truppe da Sebenico, e poi da Bihac’ e Knin già nel Dicembre 1944.
L’ordine ai tedeschi era di difendere ogni palmo di terra per tenere lontana la guerra dalla Germania in attesa che gli scienziati producessero l’arma segreta – dopo le micidiali V1, V2 e V3 che stavano piovendo su Londra – dalla quale sarebbero cambiate le sorti del conflitto mondiale. Perciò ci vollero 4 mesi di combattimenti accaniti dell’Esercito di Tito per guadagnare i 200 km. di distanza tra Fiume e Bihac’, per cui i 2800 Caduti dichiarati recentemente in Croazia possono riguardare questo percorso raggiungendo, e insediandosi a Sussak verso la fine di Aprile.
Ma è ormai generalmente noto che la conquista di Fiume fu rinviata e il grosso dell’Armata si allargò passando a nord della nostra città perché l’obbiettivo finale era diventato Trieste e il territorio sino all’Isonzo allo scopo di realizzare il fatto compiuto dell’occupazione militare e quindi ottenere l’assegnazione alla Jugoslavia del territorio occupato, in sede di Trattato di Pace. E in effetti con questo espediente l’Esercito di Tito vinse la storica ‘Corsa per Trieste’ giungendo in città il giorno 1° Maggio 1945 con un giorno di anticipo sui Neozelandesi fermi in attesa di ordini a Monfalcone.
A Fiume l’esercito partigiano entrò solo dopo che i tedeschi l’abbandonarono nella notte tra il 2-3 Maggio. La presero senza sparare un colpo, senza un morto, senza entusiasmi e nella freddezza del popolo fiumano.
Entrarono in città passando il Ponte sull’Eneo verso le ore 9,30 del 3 Maggio arrestando soldati italiani che stavano prendendo possesso della città. Personalmente assistetti all’arresto di tre Finanzieri di cui un Ufficiale, che erano in Via Roma a guardia di due mine anticarro lasciate dai tedeschi sulla strada a 20 metri dell’imboccatura del rifugio vis-à-vis la Caserma dei Carabinieri, oggi ancora in piedi. Probabilmente i nostri facevano parte del Gruppo di Don Luigi Polano, purtroppo bloccato dagli eventi in Italia, per cui non poté personalmente guidare il ritorno alla normalità.
In conclusione ripeto: – Nell’ultima settimana di Aprile fino al 3 Maggio 1945 la vita a Fiume scorreva nella consueta normalità di stato di guerra con il timore di eventuali bombardamenti aerei, qualche isolato schrapnel che cadesse su qualche tetto, e il rumore delle Batterie di Santa Caterina e Drenova che rispondevano ai colpi delle postazioni partigiane a Sussak e Tersatto. ll mio amico Massimo Gustincich ha lavorato al Bunker Streiffen 3/B della TODT a Santa Caterina regolarmente fino a tutto il 29 Aprile 1945, situato nel dirupo a strapiombo sull’Eneo in fronte ai partigiani posizionati nella collina di Tersatto. Nel giorno 30 Aprile, il Gruppo di cui faceva parte venne spostato in zona meno esposta. Quindi, fino ancora due giorni dall’occupazione titina egli si recava a piedi dal Centro della città sino a Santa Caterina senza incontrare problemi o pericoli durante il tragitto.
Il porto saltava a pezzi tra l’indifferenza della gente in strada, preoccupata solo di non esserne colpita, e consapevole che si era ormai alla fine. – La popolazione dormiva nei rifugi antiaerei o nelle abitazioni. – Non ci furono assolutamente sparatorie strada per strada o battaglie casa per casa, etc. da provocare morti né italiani né jugoslavi. – Alle 8 del mattino del 3 Maggio 1945 nella città di Fiume c’erano soldati italiani imboscati e Forze di polizia italiane al lavoro in servizio d’ordine.
– I Partigiani che da giorni erano stabiliti a Sussak, passarono il Ponte sull’Eneo verso le 9,30 a piedi entrando nel Centro della città dalla Via Roma e dalla Via Fiumara come già descritto in narrativa. Così occuparono la città. In fede. F.to Dr. Rodolfo Decleva. Fatto in Genova, il 1° Ottobre 2020”.
Nel 1944, Fiume tra guerra e teatri – Sono le parole di Aldo Tardivelli quelle che seguono. È un altro fiumano patoco. Aldo Tardivelli, nato a Fiume il 20 settembre 1925, è deceduto a Genova il 19 novembre 2020 a causa del Corona virus. Ecco il suo racconto, scritto agli inizi del 2000. “La passione per la recitazione aveva spinto mio fratello Bruno ad allestire, insieme con altri amici, una compagnia di recitazione ‘filodrammatica’, come aveva fatto nostro padre, quando frequentava il circolo degli impiegati la Filodrammatica del Dopolavoro Ferroviario, con gran successo. ‘Lo Smemorato. Le Baruffe Chioggiotte. I Gatti Selvatici, L’Antenato. I fallimenti del curatore, Tre Rusteghi, Il medico e la pazza’. Commedie brillanti e di successo nel Teatro Fenice e Teatro Giuseppe Verdi nel 1944.
Non c’erano grandi occasioni mondane in quel tempo. Se per caso suonava durante la recita l’allarme, correvano tutti nel rifugio, e poi…il successo era stato garantito, ma fra questi ‘bravi e novelli teatranti’ c’erano alcuni militanti e simpatizzanti collegati politicamente alle cellule clandestine del ‘Movimento Antifascista di Liberazione’. Alla fine la maggioranza di questi attori hanno optato e partirono per l’Italia nel 1947-48. In corso di un rastrellamento, durante la notte, le ‘forze di sicurezza naziste delle SS’ avevano arrestato gran parte della compagnia teatrale e condotta, con la forza, nelle carceri di Via Roma, mentre altri che non erano presenti in casa erano riusciti a sfuggire alla cattura.
Su tutti i detenuti del carcere persistevano per i diversi capi d’imputazione, l’incubo di una ìmorte certa’. Il dramma di questi condannati, non era diverso da quello di diventare, anche, ‘ostaggi di se stessi’ in seguito a qualche inutile attentato od omicidio di uno o più soldati Tedeschi, commesso dai loro ‘Compagni di lotta’.
Con uno stratagemma Aldo Tardivelli, tuttavia, riuscì a far liberare il fratello Bruno, che si salvò dalle grinfie naziste. Col 3 maggio 1945 la città fu invasa dagli iugoslavi ed iniziarono gli arresti di italiani da parte dei titini.
Fonti originali – Rodolfo Decleva, 2 – 3 maggio 1945, L’occupazione jugoslava di Fiume. Testimonianza depositata in data 1° Ottobre 2020 presso la Società di Studi Fiumani in Roma, Via A. Cippico 10, testo in Word, pp. 2; Collezione Elio Varutti, ANVGD di Udine.
Dalla Collezione di Claudio Ausilio, esule da Fiume a Montevarchi, ANVGD di Arezzo: – Aldo Tardivelli, Una vita in pericolo (1944-1945), testo in Word, s.d. [2003?] pagg. 15. – A. Tardivelli, Fiume, 3 maggio 1945, testo in Word, s.d. [2003?] pp. 12.
Collezione famiglia Conighi, esule da Fiume a Udine, ms.
Collezione Aldo Tardivelli, esule da Fiume a Genova, cartoline e testi in Word
Sitologia – E. Varutti, Diario di Carlo Conighi, Fiume aprile-maggio 1945, on line dal 7 giugno 2016.
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Ricerca di Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo) e Elio Varutti (ANVGD di Udine). Autore principale: Rodolfo Decleva. Altri testi e Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo e E. Varutti. Lettori: Claudio Ausilio, Rodolfo Decleva e Sebastiano Pio Zucchiatti. Copertina: Cartolina del Ponte sull’Eneo tra Fiume e Sussak/Sussa, anni ‘40; Collezione Aldo Tardivelli. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – I piano, c/o ACLI – 33100 Udine; orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.